Sculture di carta progetto CLOUDS: 

Sono piroghe, ma non hanno il mare, sono ali, ma hanno il ferro, sono vele, ma le vediamo stese.  Accomuna questi oggetti la leggerezza, la dimensione del fluttuare, l’essere in preda ai venti delicati o fragorosi. Ma a contraddistinguerli, o meglio a contraddistinguerle, è la sospensione. Essere sospese nel tempo oltre che nello spazio, un tempo lungo quasi eterno, dove l’eternità è particolarmente adatta allo spazio di una biblioteca in cui autori antichi e moderni si incontrano in un balletto lungo  due millenni e più. E ogni luogo in cui le persone si trovano, conversano, studiano, si scambiano pensieri è  adatto alle piroghe di Giancarlo Lepore. 

Perché io le immagino così , un esercito di entità che discute, che si confronta, che confabula  sugli infiniti  dubbi che da sempre hanno fatto interrogare le donne e gli uomini di questo pianeta. Bianche come la carta, che per anni è stato il supporto su cui scrivere, ma percorse da un ‘anima , il ferro, che le fa distendere o arricciare, tendere e accorciare  come fossero vive. Con delle fenditure dove potresti pensare caduta la risposta che non c’è. Ho insistito sulla leggerezza anche quando Lepore   presentava una installazione al teatro del Trionfo di Cartoceto. Questo  è evidentemente un leit- motiv del suo del suo pensare, del suo cercare,del suo fare. In quel caso si trattava di plastica, di cellofan, un materiale da imballaggio strappato e lacero , sporco di contemporaneità. Ora le piroghe  di carta velina ci portano ancora più in alto, sono pensate per abitare altrove .                   

Dal ferro alla pietra, dalla terracotta alla plastica, che hanno da sempre contraddistinto il percorso della sua scultura definendo sagome più che corpi, silhouette più che una concreta fisicità, ora la carta ci trasporta sempre più in alto, in un processo di sublimazione alchemica di duchampiana memoria. Ma le piroghe nel loro librarsi in alto devono  mantenere un equilibrio difficile, precario, instabile: ecco riemergere la  contemporaneità.

Testo: Elisabetta De Blasi (per la mostra alla MeMo mediateca di Fano).